Come nascono i musei? Oggi, a dirla tutta, diamo queste strutture abbastanza per scontate, esattamente come ci indigniamo davanti alle ferite inferte all’ambiente o quando, per contro, nutriamo il desiderio di proteggere le scoperte archeologiche che i nostri studiosi fanno con regolarità.
Si tratta, però, di una questione di sensibilità acquisita. Non siamo sempre stati attenti nei confronti delle arti, e in quanto umanità abbiamo sviluppato il rispetto per la storia e la creatività solo relativamente di recente. Ma quando? Questo articolo di approfondimento è dedicato proprio alla storia sorprendente di questi luoghi del sapere.
I “protomusei” – esperimenti antichi (quasi tutti) falliti
C’è da dire che il primo museo della storia è tale solo per via del suo nome, museion, che è poi l’unico tratto in comune con gli edifici attuali.
Edificato per volere di Tolomeo I Sotere, il faraone innovatore del III secolo a.C., il primo museo si trovava ad Alessandria d’Egitto così come il Faro e la Biblioteca, ma non era un luogo dove conservare oggetti preziosi e antichi, piuttosto un posto dove gli intellettuali di migliaia di anni fa si incontravano. Poiché era “dedicato alle Muse” (questo voleva dire il suo nome) attirava musici, filosofi, poeti, danzatori… Una palestra per la mente, mettiamola così, più che uno scrigno per tesori.
La successiva iterazione dei “protomusei” non ha un vero e proprio nome, ma sappiamo bene che nell’antica Roma le famiglie più ricche e gli imperatori pagavano gli artisti più in vista dell’epoca per circondarsi di oggetti costosi. È famosa in questo senso la Domus Aurea neroniana, ancora in larghissima parte da scavare ed esplorare, dove sembrerebbe aver trovato posto il gruppo scultoreo del Laocoonte, oggi ai Musei Vaticani.
La nascita delle wunderkammer
Proprio il Laocoonte è legato alla nascita del protomuseo più noto: la wunderkammer. È il 1506 quando il capolavoro di marmo viene ritrovato sul Colle Oppio: allo scavo assiste addirittura Michelangelo, mandato da Papa Giulio II a sovrintendere allo scavo. Perché? Perché i papi, fin dalla loro “invenzione”, avevano accumulato ricchezze enormi. Fra queste c’erano anche opere d’arte di ogni tipo e di ogni epoca le quali attiravano presso quella che era una vera e propria corte le figure più geniali dell’epoca.
Il sottosuolo di Roma veniva considerato campo libero, e artisti e nobiluomini scavavano senza ritegno e senza cura per la delicatezza delle rovine: a oggi non sappiamo quanto sia andato perso in questa corsa sfrenata a procacciarsi “stranezze”. Quelle opere antiche, unite a fossili di dinosauri, minerali e qualsiasi oggetto particolare, convergevano nelle wunderkammer, appunto. I cosiddetti gabinetti delle meraviglie.
Questi non potevano ancora considerarsi musei, perché mancava una coerenza nel tipo e stile degli oggetti esposti, ma alcune collezioni di questo tipo sono alla base dei musei moderni: la Galleria Corsini a Roma, ad esempio, è un modello di wunderkammer poi trasformatasi in altro. Per parlare di questo “altro”, però, vi rimandiamo a un focus dedicato.